SFR: analisi critica di questa metodologia

26.10.2016

Una metodica comunemente utilizzata nel periodo di preparazione generale sono le SFR, acronimo di Salite Forza Resistenza, introdotta da Aldo Sassi nel 1984 e ancora oggi molto utilizzata da amatori e anche da professionisti. Secondo Sassi, le SFR ci permettono di sollecitare la forza resistente, qualità indispensabile per un ciclista, consentono fisiologicamente alla muscolatura di lavorare in condizione di vasocostrizione capillare. Oltre a ciò, gli altri gradienti di tensione muscolare solleciterebbero tutta la componente muscolare altrimenti scarsamente utilizzata nell'atto della pedalata classico. In questo articolo, analizzeremo questa metodica, raffrontando la stessa rispetto ad evidenze scientifiche e rispetto a nozioni di metodologia di allenamento, valutando come esistano delle "falle" in termini di fisiologia dell'esercizio.

Aspetti metodologici e fisiologici


Cosa sono le SFR?

Questa metodica è molto conosciuta da tutti i ciclisti di ogni classe e categoria. Secondo protocollo, per poter sollecitare la forza resistente bisogna effettuare percorsi in salita di bassa pendenza (generalmente 5%-7%) pedalando con lunghi rapporti che consentano di ottenere 40-50-60 RPM (protocollo variabile); ogni ripetuta ha una durata impostata e fissa dai 3 ai 5 minuti con recupero di pari intensità. Esistono delle raccomandazioni che prevedono di enfatizzare fasi di spinta e di trazione, e di non oltrepassare la soglia anaerobica, evitando di spingere con gli arti superiori sul manubrio.

 Valutazioni critiche

Questa metodologia di allenamento merita delle osservazioni critiche valutando aspetti fisiologici legate alla biomeccanica del gesto atletico, ma soprattutto rispetto ai miglioramenti che ci si aspetta di ottenere. In realtà, le SFR sono sempre oggetto di discussione da parte dei professionisti dello sport. Ecco di seguito alcune constatazioni:


  1. Le SFR non hanno validità scientifica: non esistono ancora oggi studi e ricerche obiettivi a riguardo, e a distanza di anni ancora non si hanno valutazioni chiare che degli aspetti legati a questa metodologia.
  2. Le SFR non sono specifiche rispetto al modello prestativo: poiché, secondo la didattica della metodologia di allenamento, è importante allenarsi specificamente rispetto alla gara, nella competizione non esistono mai impegni di 40- 50-60 pedalate al minuto protratte per 3 o 5 minuti. Di conseguenza, l allenamento è altamente aspecifico e quindi non migliora la prestazione di qualsiasi specialità ciclistica.
  3. Le SFR potrebbero comportare patologie tendinee: un assetto biomeccanico dinamico comporta che la tuberosità tibiale sia allineata perpendicolarmente all'asse del pedale; tale assetto, tuttavia, cambia quando si esplicano basse rpm. Se si somma la tensione muscolare elevata è probabile che si vada incontro ad infiammazioni e tendiniti del ginocchio, compromettendo quindi tutta la stagione alle porte.
  4. Le SFR comportano cali della rapidità: poiché la potenza e la capacità neuromuscolare nel ciclismo giocano un ruolo fondamentale, cali della rapidità comportano cali di forza esplosiva e di forza dinamica massima, aspetti estremamente importanti in gara, specialmente in gare a circuito MTB e criterium.
  5. Le SFR non innalzano la forza massimale.

La forza che riusciamo ad esprimere non dipende solo dall' pertrofia, ma è palesemente multifattoriale. Aspetti biomeccanici, neuromuscolari (in termini di frequenza, di scarica dei motoneuroni e di reclutamento delle unità motorie) e aspetti motivazionali influiscono su questa capacità condizionale. Ogni programma di allenamento della forza (in particolare rivolto ad incrementare la potenza) dovrebbe includere tutti questi fattori.

A cura di:

Dott Antonio Trifilio

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